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Polizia Locale La Nostra Storia

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La fondazione nel lontano1849

 

 

Il Corpo di Polizia Municipale di Genova (conosciuto dai genovesi come i “cantunè”) trova le proprie radici nel lontano 1849, con l’assegnazione ad alcuni consiglieri del compito di elaborare un progetto per un corpo di guardie comunali, da adibire al controllo delle attività di manutenzione e pulizia delle strade pubbliche allora in appalto ad alcune ditte esterne. 
Il primo accenno alla necessità per il comune di dotarsi di un corpo di Guardie Municipali a cui demandare le mansioni suddette si trova nei verbali della seduta del consiglio comunale del 29 giugno 1849. 
Il vicesindaco, consigliere Grillo, responsabile dell’Ufficio Lavori Pubblici, propone la costituzione di un corpo di Guardie Municipali a cui affidare la sorveglianza della precisa esecuzione dei lavori di manutenzione e nettezza delle pubbliche vie, a cui attribuisce il nome di “Cantonieri”, proprio a causa del loro incarico di sorveglianza sulle vie, da effettuarsi ai “cantoni” delle stesse.
La proposta viene accolta e viene deciso di affidare al consigliere Grillo la preparazione di un progetto, che viene presentato al consiglio nella seduta del 26 ottobre 1849.
In tale progetto si propone di dividere la città in 24 sezioni, e di affidare la sorveglianza di ciascuna di esse ad un cantoniere, il quale “si farebbe contabile delle contravvenzioni che occorrono” in materia di pulizia delle vie. 
Su tale progetto si innesta anche la discussione sulla opportunità di creare, unitamente alla compagnia di Cantonieri, un corpo di Pompieri, che possa ovviare alle carenze riscontrate nel corpo esistente, composto di volontari, non organizzati, che spesso giungono sul posto con eccessivo ritardo a causa del tempo necessario per radunarli.
La questione viene affidata ad una commissione che decide l’unificazione dei due corpi e, nella seduta del 16 febbraio 1850, viene approvata la costituzione del corpo dei Pompieri-Cantonieri del Comune di Genova, composto da due sezioni distinte ma sotto un comando unico. 
Il servizio prenderà il via in maniera sperimentale nei sestieri Prè e Maddalena, e dal 1851 in tutta la città.  
Per quanto concerne l’organizzazione del corpo, viene disposto di dividere ogni sestiere della città in più sezioni, e di attribuire ad ogni sestiere una guardia con relativo ufficio, più una guardia per ciascuna sezione. Ad ogni sestiere viene comandato un ispettore a cui subordinare tutte le guardie dello stesso, e al vertice un capo ispettore responsabile del servizio.
Il corpo sarà inquadrato militarmente e ogni guardia sarà agente giurato del comune. Tra i compiti, oltre la sorveglianza sul decoro urbano, anche quella sulla illuminazione pubblica, sulla esecuzione anche coattiva  dei regolamenti comunali, e la prevenzione degli incendi.
Il servizio prende il via e nella seduta del 13 giugno 1851 viene approvato il regolamento del corpo dei Pompieri-Cantonieri. 
Tra i requisiti necessari per diventare Cantonieri l’art. 6 del regolamento stabilisce che essi debbano essere celibi. 
Tra le motivazioni della norma viene esposto il fatto che gli stipendi assegnati non sono sufficienti per mantenere una famiglia, e che le parentele contratte potrebbero essere nocive per il pubblico servizio, per i sottufficiali poi viene anche sottolineato che se si sposassero dovrebbero uscire dalla caserma, facendo venire meno la voluta disciplina militare.
E’ interessante notare che, pur non essendo tra i compiti specifici elencati per i Cantonieri, sin dall’inizio venne proposto in consiglio comunale che essi avessero particolare riguardo per il traffico urbano, composto allora da carri e carrette a mano che già allora erano fonte di pericolo e causa di frequenti incidenti.
Il corpo ottiene un primo positivo riconoscimento durante l’epidemia di colera che colpisce la città nel 1854. Le sezioni rimangono aperte giorno e notte e i Cantonieri prestano   soccorso in tutta la città, guadagnandosi una menzione in consiglio comunale e  la gratifica di un mese di stipendio per la loro opera.


Le Guardie Municipali del 1863


L’abbinamento dei Pompieri e dei Cantonieri mostra però ben presto numerose mancanze, dovute principalmente al ridotto numero di elementi assegnati al corpo, e già nel 1863 i due corpi vengono separati. Con l’approvazione del nuovo regolamento  i Cantonieri assumono il nuovo nome di Guardie Municipali. 
Durante la discussione del nuovo regolamento viene ribadito che Il loro compito sarà non solo provvedere alla repressione dei comportamenti illeciti, ma, sull’esempio del policemen londinesi, porgere tutela e soccorso in caso di bisogno ai cittadini. 
Ciò nonostante gli appartenenti al corpo sono sottoposti ad una rigida disciplina, che prevede ancora, e fino al 1911, il divieto di contrarre matrimonio, e il ricorso a pene disciplinari detentive, nella cosiddetta stanza di disciplina, dove il condannato viene detenuto per il tempo stabilito a pane e acqua.
Negli anni successivi il corpo dà buona prova di sé, come dimostrano i verbali delle sedute del consiglio comunale, dove si parla delle Guardie Municipali sempre in termini di favore, gli appunti, se ci sono, riguardano sempre il numero insufficiente di personale assegnato al corpo delle Guardie Municipali, tale da impedire un servizio uniforme su tutto il territorio comunale, che va sempre espandendosi con l’annessione dei cosiddetti comuni suburbani, ossia San Martino d’Albaro, San Francesco d’Albaro, San Fruttuoso, Marassi, Foce e Staglieno.


I Vigili Urbani del 1911 e le guerre mondiali


Nel 1911 le mutate esigenze del servizio, dovute anche all’arrivo sulle strade cittadine delle prime automobili, impongono una revisione del regolamento. Con la revisione del 1911 gli amministratori comunali accolgono una richiesta fatta dagli stessi agenti per cui gli stessi non saranno più chiamati Guardie Municipali ma Vigili Urbani.
Allo scoppio della prima guerra mondiale il corpo conta, stando a un verbale dell’assemblea comunale di alcuni anni prima, 247 componenti. Di questi ben 111 vengono richiamati sotto le armi e prestano servizio principalmente nelle brigate Bisagno e Liguria, impiegate sul fronte a partire dal 1916. 
Al termine del conflitto, nel 1922 a Genova si tiene la Conferenza Mondiale per la Pace, a cui sono invitati i plenipotenziari di tutti i paesi che hanno combattuto. Nell’occasione il Consiglio comunale, su delibera della Giunta, che paventa la possibilità di attentati o disordini, approva l’armamento degli agenti del corpo dei Vigili Urbani, dotandoli di pistola semiautomatica calibro 7,65.
Il dieci giugno 1940  il governo attira sull’Italia la tempesta della guerra, nella ben nota illusione che in breve tempo sarebbe finita con un bottino da spartire. 
La realtà è ben diversa, e l’unica cosa ottenuta in breve tempo saranno migliaia di fortezze volanti alleate che porteranno il fronte nelle città italiane. 
Genova è una delle principali sedi industriali del paese, oltre che il porto principale, e questo ne fa un bersaglio particolarmente interessante per i bombardieri anglo-americani. Anche i Vigili Urbani, quelli che non sono stati richiamati alle armi, si trovano in prima linea, nel tentativo di alleviare le sofferenze dei cittadini.
Infatti, nel sistema di protezione antiaerea cittadino ai Vigili è affidato il compito di prendersi cura e di proteggere la popolazione. 
Sono i Vigili che aiutano tutti i cittadini ad accedere nei rifugi di protezione contro i bombardamenti aerei e che si assicurano che tutti siano entrati. E' un’incombenza estremamente delicata e pericolosa che registra la perdita di cinque colleghi, vittime delle prime esplosioni.
Per questo compito, con delibera della giunta comunale del 11 maggio 1950, il Corpo ha ottenuto il riconoscimento al merito civile con assegnazione di medaglia d’argento.
Le sezioni territoriali vengono suddivise in zone più ristrette, assegnate ciascuna ad alcuni elementi, che anche durante i bombardamenti mantengono le posizioni assegnate e riferiscono via telefono sulla situazione. 
Prestano anche servizio lungo i percorsi che conducono ai rifugi antiaerei, per assicurarsi che gli stessi siano agibili e utilizzati da tutte le persone che si trovano nell’area durante l’incursione. Al termine del bombardamento sono sempre i Vigili a prestare i primi soccorsi e a richiedere le ambulanze per i casi più gravi, perlustrano le zone bombardate e allestiscono dei cordoni di sicurezza attorno alle bombe inesplose in attesa degli artificieri. 
Ma il lavoro di molti Vigili non si esaurisce qui. 
Dopo il 25 luglio 1943, coloro che avevano mantenuto contatti con le forze democratiche clandestine iniziano a organizzare il dissenso della popolazione in vista della definitiva caduta del regime. 


Il ruolo dei Vigili Urbani durante la Resistenza


All’interno del corpo dei Vigili Urbani un ruolo molto importante nella costruzione della rete resistenziale spetta al brigadiere Giovanni Olivari.
Fin dall’ottobre ’43 l’Olivari, assieme ad altri membri del corpo, dava vita a riunioni clandestine miranti a organizzare l’attività di resistenza in seno al corpo; le riunioni si tenevano in un appartamento in viale Varni, una strada tranquilla, al riparo da occhi indiscreti, dove abitava il vigile Giovanni Ginocchio, anch’esso legato al movimento clandestino sin dagli inizi; lì, nei primi giorni di marzo del ’44, si tenne una riunione a cui presero parte Giovanni Olivari, Furio Gandolfo, Prospero Olivieri, Luigi Fraguglia, Vittorio Terzolo, deceduto poi nel bombardamento del 4 settembre ’44, ed il Ginocchio, tutti Vigili, nella quale venne deciso di dare vita ad una cellula cospirativa  e di aderire all’organizzazione resistenziale.
Il primo distaccamento, composto da venticinque uomini, tutti appartenenti al corpo dei Vigili urbani, era operativo nella primavera del ’44, aggregato in un primo momento alla brigata Villa e successivamente alla Bellucci.  
Furono proprio i Vigili Urbani, grazie all’opera del brigadiere Olivari, a dare vita al primo movimento di resistenza organizzato all’interno del Comune, sia raccogliendo gli elementi che fino a quel momento avevano fatto riferimento altrove, sia offrendo un’opportunità a tutti coloro che cercavano un riscatto alla propria dignità di uomini e di italiani.
Da loro partirà la spinta aggregativa che porterà la brigata garibaldina “Bruno Vanni” ad avere più di 150 effettivi nei giorni precedenti la liberazione.
Al primo nucleo di venticinque elementi, componente il primo distaccamento della  brigata, fece seguito, nel settembre ’44 la costituzione di un secondo gruppo di venticinque, anch’essi tutti Vigili, operanti indistintamente, sia nelle sezioni,centrali e periferiche, che nel comando e negli uffici allora facenti capo alla polizia Municipale. 
Alla fine del 1944 la brigata Vanni  aveva raggiunto l’organico di circa 150 uomini, suddivisi in cinque distaccamenti. Dal materiale raccolto presso l’Istituto Storico per la Resistenza, dove vengono conservate anche le schede personali dei componenti della brigata, risulta che i Vigili costituiscono circa l’ottanta per cento della brigata nella prima metà del ’44. 
Grazie alle ramificazioni della brigata in tutti i settori del Comune, vennero create squadre che svolsero compiti di estrema delicatezza; ad un gruppo di Vigili Urbani, affidato a Giovanni Olivari, Dionisio Capurro e Furio Gandolfo, venne affidata la rete di spionaggio militare che rese possibile raccogliere informazioni, passate al comando di brigata, relative a tutte le località presidiate dai tedeschi e dalle brigate nere, con tanto di effettivi e mezzi a disposizione.
Altre squadre furono incaricate di trovare carte di identità, delle quali oltre cinquecento vennero consegnate ai comandi partigiani, e documenti vari, lasciapassare, timbri falsi sia del Comando germanico della Casa dello Studente che della Kriegsmarine, compresi i timbri a secco che venivano utilizzati per i tesserini di riconoscimento o “personalausweis” uniche carte di identità personale riconosciute dai tedeschi nel corso dei rastrellamenti. 
Oltre a ciò gli uomini della Vanni si occupavano dell’assistenza ai partigiani ed alle staffette di transito in città; presso l’ufficio tagliandi e tessere annonarie del Comune, in via del Seminario, era stato istituito un vero e proprio servizio di sussistenza, dove venivano anche consegnate razioni alimentari ai partigiani di passaggio, che i Vigili Urbani della Vanni ritiravano da un esercizio di tale Pietro Ferrando, che si trovava nella via Colombo al 47 rosso. 
Verso la fine del 1944, si delineò la necessità di dare vita ad una struttura di appoggio, che potesse funzionare in ausilio alla popolazione ed al contempo come centrale logistica del movimento. La struttura avrebbe avuto la forma di una cooperativa, e si decise di intitolarla a Cristoforo Colombo.
Oltre alle attività resistenziali che la cooperativa permise di realizzare, il compito principale che si trovò ad assolvere nei mesi che separavano la città dalla liberazione fu proprio quello di fornire derrate alimentari alla città. 
Compito non facile, in quanto i generi alimentari erano a disposizione nelle zone di produzione, generalmente nel basso Piemonte e Lombardia; fu giocoforza organizzare un servizio di trasporto e scorta per i convogli che dovevano raggiungere la città; attraversando un vasto territorio sotto il controllo delle forze aeree alleate, che mitragliavano qualunque convoglio avvistato sulle  disastrate  strade del nord Italia.  
Furono i Vigili della Vanni che assunsero l’incarico della formazione delle autocolonne per il trasporto, e che riuscirono, nelle condizioni descritte a realizzare settantuno viaggi di rifornimenti, pur con la perdita di diversi autocarri incendiati dagli aerei alleati. 
I Vigili furono presenti e attivi in tutti i principali scontri che portarono alla liberazione di Genova il 25 aprile del 1945, specialmente contro le truppe tedesche asserragliate nel centro della città nell’hotel Bristol e nel Porto, e sempre in quei giorni si occuparono di procurare i rifornimenti di farina, necessari per il pane, alla città in guerra.
Furono i vigili a sopperire a tutte le necessità della comunità cittadina.
I giorni della liberazione trovarono i vigili unici tutori dell’ordine pubblico, con un accrescimento delle mansioni e competenze del Corpo: autorizzazioni alla rimozione di cadaveri, repressione di qualsiasi attività delittuosa, scorta delle colonne dei prigionieri di guerra.
In particolare, il comando alleato si avvalse dell’opera dei vigili riconoscendoli come unica forza organizzata sul territorio: ad essi venivano affidati compiti di raccolta informazioni su elementi del passato regime, attività di pubblica sicurezza, raccolta e custodia delle armi utilizzate nei giorni dell’insurrezione.
E oggi, alla luce delle attività sopra riassunte, l’attuale Giunta del Comune di Genova, che ringrazio a nome di tutti gli appartenenti al Corpo, con deliberazione datata 28 febbraio 2013, ha approvato una PROPOSTA INDIRIZZATA AL MINISTERO DELL' INTERNO DI RICONOSCIMENTO AL VALORE CIVILE AL CORPO DELLA POLIZIA MUNICIPALE DI GENOVA, PER IL CONTRIBUTO OFFERTO IN CONSIDERAZIONE DELLA PARTECIPAZIONE ALLA RESISTENZA E ALLA LIBERAZIONE DELLA CITTA’ DI GENOVA”

 

La storia più recente


Con il ritorno della pace il corpo dei Vigili Urbani rientra nell’ambito delle proprie competenze.
Gli anni ’50 sono gli anni della ricostruzione del paese e della modernizzazione. 
Genova non ha perduto la sua vocazione industriale e la popolazione aumenta durante tutti gli anni ’50 e ’60 fino a raggiungere un massimo di quasi 800.000 abitanti. 
Per fare fronte alle nuove necessità il corpo viene rafforzato ed il numero degli effettivi cresce in proporzione. 
Molti giovani che hanno partecipato alla lotta di liberazione entrano nel corpo, portando il proprio bagaglio di esperienza democratica al servizio della città.
Gli anni della pace non richiederanno più, per fortuna i sacrifici estremi che la città aveva dovuto affrontare durante l’occupazione, ma il corpo darà ancora prova dell’alto spirito di servizio dei suoi uomini durante le molte calamità naturali che colpiranno il nostro paese.
Nel 1953, durante la terribile alluvione che colpì la zona del Polesine, i Vigili di Genova partono con una quindicina di autocarri, caricati di materiali e generi di conforto forniti dal Comune, per una delle zone più colpite dal disastro, tra Cavarzere e Rosolina, in provincia di Rovigo, dove organizzano i soccorsi in maniera esemplare, ricevendo il plauso di tutte le popolazioni e delle autorità locali. I Vigili non si occupano solamente di fornire viveri e allestire ricoveri  per la popolazione, ma anche del recupero degli animali e delle masserizie che la piena del Po ha spinto ovunque nella pianura. I nostri Vigili si fermeranno sul posto per circa un mese, scrivendo una delle più belle pagine di solidarietà nella storia del corpo. 
Da allora i Vigili hanno sempre prestato la loro opera ovunque ce ne fosse bisogno, organizzando i soccorsi attraverso la propria Società di Mutuo Soccorso, radunando mezzi e alloggi di fortuna come roulottes che vengono poi trasportate sui luoghi colpiti dal disastro. 
Tra gli interventi effettuati ricordiamo quelli a Gemona in Friuli, a Norcia, in Irpinia e di recente nelle zone terremotate dell’Emilia e della Toscana,. 
A Genova i Vigili sono sempre stati presenti durante tutte le calamità che hanno toccato la nostra città, dal crollo di via Digione nel 1968 al grande alluvione del 1970, fornendo assistenza ai più deboli e collaborando con le altre forze di intervento. 
Attualmente il Corpo di Polizia Municipale è inserito nel sistema di protezione civile cittadino, a cui partecipa, oltre che con i propri uomini anche con la propria centrale operativa.


 Oggi il Corpo ha da poco celebrato i 162 anni dalla sua fondazione ed ha rinnovato l’impegno, lo spirito di servizio e di abnegazione per le nostre istituzioni, per Genova ed i suoi cittadini, continuando ad avere occhi e cuore aperti lungo le strade, gli itinerari e i quartieri cittadini, nelle relazioni, nella pratica della giustizia, nell'applicazione delle leggi, nella soluzione dei problemi ed in tutte le quotidiane e numerose attività degli operatori della Polizia Municipale.

Ultimo aggiornamento: 18/12/2020