Urbanistica, Paesaggio e Geologia PRG 1980

Contenuto

PIANO REGOLATORE GENERALE DELLA CITTA' DI GENOVA 1976 - 1980

Cronologia:

  • Delibera del Consiglio comunale n. 664 del 14/06/1963 di inizio dei lavori della Commissione Astengo incaricata della revisione del PRG del 1959
  • Delibera del Consiglio comunale n. 4000 del 01/12/1965 che fissa il termine del 31 ottobre per la variante generale del PRG
  • Delibera del Consiglio comunale n. 1020 del 08/06/1967 pone fine ai lavori della Commissione Astengo
  • Aprile 1969: insediamento della Commissione Tintori per la revisione del PRG del 1959
  • 5 aprile 1971: approvazione della relazione di sintesi
  • Delibera del Consiglio comunale n. 1122 del 03/08/1975 di adozione della variante al PRG del 1959 per il suo adeguamento alle prescrizioni del Decreto ministeriale 2 aprile 1968. Tale variante è definita «Piano di adeguamento delle aree per servizi pubblici»
  • Delibera del Consiglio comunale n. 762 del 26/04/1976 di adozione della variante generale del Piano Regolatore Generale
  • Delibera del Presidente della Giunta regionale n. 408 del 30/04/1980 di approvazione della variante generale del PRG 
  • Planimetria generale PRG (zonizzazione) datata 1976 - Scala 1:5000 (in 36 fogli)
  • Legenda PRG (zonizzazione) datata 1976 (1 foglio)

Il 26 aprile 1976 il Consiglio Comunale di Genova con deliberazione n. 762 adotta il nuovo P.R.G., che verrà approvato dalla Regione Liguria dopo quattro anni, con l’inserimento di alcune modifiche, in parte peggiorative, specie di ordine procedurale (D.P.G.R. n.408 del 3 aprile 1980).

Il PRG, come evoluto, può essere considerato un piano di seconda generazione, in cui il tema dominante della città resta però l’espansione, che è comunque necessario "razionalizzare", ma mai limitare (si prevedono circa un milione di abitanti). A questa posizione si contrappone un atteggiamento che gradualmente assume caratteri di "riformismo" urbanistico, che cerca di combattere gli aspetti strutturali delle patologie immobiliari e tende a valorizzare gli elementi sociali nella città.
Si esprime la volontà di contrastare i meccanismi dello sviluppo indifferenziato e gerarchico e quindi la volontà di mettere in atto normative e scelte di piano capaci di migliorare la qualità della residenza con standard di servizi pubblici , di tutelare il patrimonio storico architettonico del centro storico impedendone la terziarizzazione e l’espulsione della popolazione residente con riferimento alla Carta di Gubbio (1960), che estende il concetto di tutela dal singolo monumento a tutto l’ambiente antico delle città, alla struttura urbanistica nella sua evoluzione temporale, delineando il concetto di “risanamento conservativo” contro gli sventramenti e le sostituzioni, caratteristici dei piani di ricostruzione.
La situazione su cui si innesta il nuovo P.R.G. è quella di una città portuale e industriale già in crisi, sia dal punto di vista economico sia demografico, ma soprattutto di una città caotica, caratterizzata da un assetto territoriale denso di contraddizioni.

Gli obiettivi assunti dal piano sono quindi il riequilibrio e la riqualificazione, da attuarsi mediante la realizzazione di una rete di servizi e attraverso l’adeguamento e la costruzione di infrastrutture, atte anche a favorire il rilancio economico e produttivo della città.
Uno dei fattori di scompenso determinati da mezzo secolo di vicissitudini urbanistiche viene posto come elemento da valorizzare e così gli antichi Comuni divengono le Circoscrizioni del decentramento amministrativo ed il fulcro di un assetto urbano maggiormente equilibrato e viene introdotta, tra l’altro, in cartografia la suddivisione del territorio comunale in Unità Urbanistiche.

Con tutta probabilità il pianificatore introducendo un ulteriore livello territoriale (Unità Urbanistica) ha ricercato un primo livello comunitario (vicinato) all’interno del Comune che tenesse conto delle interrelazioni tra insediamenti, infrastrutture e servizi (scolastici, commerciali, religiosi, per il tempo libero), come componenti della struttura urbana, riprendendo e sviluppando quanto già teorizzato nel 1929 da Clarence Perry con “l’unità di vicinato” (neighbourhood unit) che è stata alla base di tutte le più importanti esperienze nella progettazione e realizzazione di nuovi insediamenti, gettando altresì le basi, negli anni ’80, per i movimenti di pianificazione moderni tra cui il movimento “New Urbanism”.
Fra gli obiettivi principali del P.R.G. ’76 solo due possono però considerarsi raggiunti in maniera sensibile: i servizi pubblici vengono migliorati considerevolmente, sia in termini quantitativi sia sotto l’aspetto qualitativo e, soprattutto, in termini di ridistribuzione sul territorio; gli insediamenti rilevanti sotto il profilo storico e ambientale vengono salvaguardati, sottraendoli ad ulteriori distruzioni che, peraltro, in allora erano ancora in corso, come in via Madre di Dio.
Sotto altri aspetti l’azione pianificatoria è invece risultata meno efficace o inefficace, senz’altro anche in ragione di scelte operative non perfettamente calibrate.

Nel campo infrastrutture l’attuazione del P.R.G. ’76 è stata solo parziale, con la realizzazione di opere importanti, quali la strada della Val Bisagno e l’avvio di altre, quale quella della Val Polcevera, ma complessivamente il bilancio non può essere considerato soddisfacente e risolutivo per differenti motivi.
Il caso più rappresentativo è costituito, in tal senso, dalla bretella autostradale, approvata nel 1984 ed accantonata alcuni anni più tardi, in ragione dell’elevato impatto sul territorio, con la conseguenza che la situazione del ponente è rimasta congelata, anche in considerazione del fatto che la prosecuzione della sopraelevata, prevista fino all’aeroporto, non ha mai raggiunto la fase operativa.
Altre opere, in parte in variante, sono state attivate, come la linea metropolitana, la bretella ferroviaria di Voltri, l’allargamento di via Gramsci, assieme ad alcune realizzazioni di interesse locale anche piuttosto significative.
La politica delle aree produttive, parallelamente, non ha dato frutti considerevoli e l’opzione di ampliare le disponibilità territoriali per le attività produttive è risultata scarsamente incisiva, essenzialmente in ragione della limitata praticabilità e del consistente impatto sull’ambiente che, soprattutto negli ultimi anni, ne ha frenato l’attuazione.

Il segmento su cui il P.R.G. ’76 è risultato meno incisivo e però quello della riqualificazione dagli insediamenti residenziali, sia in materia di recupero dei centri storici, sia in termini di riorganizzazione delle periferie.
Nel primo caso l’effetto della pianificazione si è arrestato alla salvaguardia dello stato di fatto, senza che gli strumenti operativi abbiano inciso sui delicati equilibri degli insediamenti antichi e, primo fra tutti, del centro storico.
Solo l’insediamento della Facoltà di Architettura a Sarzano può essere considerato fortemente positivo, mentre in linea generale i sintomi più evidenti di ripresa sono attribuibili ad interventi non preventivati dal P.R.G. ’76, come il recupero del porto antico.

L’incidenza sui quartieri collinari esistenti e sulle periferie è stata anche meno significativa, con l’eccezione della dotazione di servizi che, seppur in maniera non uniforme, è stata effettivamente migliorata, soprattutto in alcune realtà locali. Le situazioni insediative di accentuato disordine e di commistione non sono state però modificate e parimenti sono rimasti immutati i quartieri ad elevata densità sorti nel dopoguerra.
In relazione a questi ultimi casi, oggettivamente molto complessi, le cause del mancato rinnovamento sono essenzialmente rinvenibili nella farraginosità dei meccanismi attuativi del P.R.G. 76 che, soprattutto nelle numerose zone di ristrutturazione urbanistica (ZB.R), non hanno prodotto alcun effetto.
E’ certamente vero che le Civiche Amministrazioni succedutesi hanno privilegiato gli interventi di nuova edificazione soprattutto per quanto riguarda i Piani di Zona 167, ma, se si considera l’entità delle emergenze abitative che hanno indotto alla realizzazione dei nuovi quartieri, è altrettanto certo che la scarsa operatività delle zone B.R. abbia funzionato da deterrente.
Solo a S. Benigno e a Corte Lambruschini il P.R.G. 76 ha colto l’obiettivo della ristrutturazione urbana, peraltro con l’inserimento di varianti apportate faticosamente e con esiti non ottimali.
Con la variante di salvaguardia adottata dal Consiglio Comunale nel dicembre 1995 e, in parte precedentemente con il Piano Paesistico regionale, la fase di espansione si è chiusa definitivamente, pertanto la riorganizzazione della città esistente e il riequilibrio del territorio, sono divenuti gli elementi centrali e gli obiettivi della pianificazione e dell’azione operativa della Civica Amministrazione.

Ultimo aggiornamento: 05/06/2024