Pratiche più veloci per i controlli dei requisiti e poi via alle convenzioni per i quasi 10 mila nuclei familiari che hanno fatto domanda. Sul tavolo anche i lavori utili alla collettività
Con la firma di ieri della convenzione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali da parte del sindaco Marco Bucci, il Comune di Genova può procedere a chiamare le persone che hanno fatto domanda di reddito di cittadinanza per la sottoscrizione dei patti, per le quali è necessario eseguire i controlli sulla regolarità dei documenti anagrafici e dei permessi di soggiorno.
In tutto le domande sono arrivate da 9.681 nuclei famigliari e per circa la metà, 4.534, dovrebbero portare a un “patto per l’inclusione sociale” siglato dall’interessato con i servizi sociali. Si tratta di quelle persone che per varie ragioni, come disabilità o altre fragilità, non possono essere inserite nei progetti lavorativi. Per loro andranno individuate attività alternative, relative alle problematiche o alle proposte rappresentate dagli interessati.
L’altra metà di quanti hanno presentato la domanda viene invece chiamata dai centri per l’impiego per firmare il “Patto per il lavoro”.
«La convenzione appena firmata con il Ministero consente uno scarico massivo dei dati, in questo modo il controllo dei requisiti verrà fatto in automatico interrogando le banche datigià in uso», spiega l’assessore alle Politiche Sociali Francesca Fassio, che porterà la questione in commissione per un approfondimento. La difficoltà di dover avviare i controlli singoli aveva finora ostacolato la procedura.
Il Comune, oltre alle pratiche per i patti di inclusione sociale per 4.534 richiedenti, si occuperà anche dei progetti di utilità collettiva per tutti i 9.681 beneficiari.
Si tratta di attività in ambiti culturali, sociali, artistici, da un minimo di 8 a un massimo di 16 ore la settimana, che chi riceve il reddito di cittadinanza è tenuto a fare come sorta di “restituzione” alla collettività.
«E’ intenzione del Comune coinvolgere, oltre alle Direzioni interessate, anche le aziende partecipate e il terzo settore, per definire gli ambiti in cui avviare il Puc», spiega Fassio. Presumibilmente vedremo i percettori del reddito impegnati a sistemare i giardini, presidiare l’uscita dalle scuole e dare una mano al Comune in altri vari lavori di utilità sociale. «Il processo è difficoltoso – aggiunge Fassio – e le tempistiche per l’avvio dei progetti di utilità collettiva non sono ancora state definite, ma dovrebbe essere questione di qualche mese». Fassio auspica anche per questo fronte, come per i controlli dei requisiti, che il Ministero conceda la possibilità di avviare progetti collettivi e non individuali.