Anziani: solitudine e solidarietà. A Tursi il convegno per discutere delle città del futuro, dove gli anziani non sono un problema ma una risorsa

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01/12/2022
Convegno Solitudine e solidarietà

Bucci: “A Genova si vive bene e più a lungo, ma questo comporta un aumento delle persone che necessitano di assistenza, di servizi avanzati, e di una sanità che funzioni, improntata sulla prevenzione”

Manuela D'Angelo

Da Cicerone ai Beatles, passando per l’arte, la letteratura, gli studi di sociologi e psicologi e le esperienze delle città europee più all’avanguardia, per parlare di anziani e della loro solitudine. A Palazzo Tursi, nel Salone di Rappresentanza, il Comune di Genova e il circolo culturale "Europa: pane, libertà, pace" hanno presentato il convegno “Solitudine e Solidarietà: gli anziani e la città”, a cui hanno partecipato il sindaco Marco Bucci e l’assessore alle Politiche per i Giovani, Disagio e Solitudine, Francesca Corso.

 

«A Genova- ha detto il sindaco Marco Bucci- abbiamo le condizioni per vivere bene e più a lungo; l’età media in Italia è di 83 anni per gli uomini e 85 per le donne, mentre qui viviamo due anni in più rispetto alla media nazionale. Questo comporta un aumento delle persone che necessitano di assistenza, di servizi avanzati, e di una sanità che funzioni, improntata sulla prevenzione. In questi anni sono state numerose le azioni e gli interventi dedicati al sostegno di questa fascia di popolazione: l’Agenzia per la famiglia, che ha fatto rete con le associazioni, diventando punto di riferimento per il territorio e Do.Ge, il sistema di assistenza a domicilio che in due anni ha aiutato 2.200 persone anziane e più di 500 soggetti con disabilità. Ancora tante cose sono da fare, ovviamente, soprattutto in sanità, dove è necessario creare strutture all’avanguardia nella cura, nella terapia, e nella prevenzione».

 

«Viviamo in un periodo storico in cui la popolazione anziana ha ormai numericamente surclassato la fetta di unità giovanili- ha detto l’assessore Francesca Corso- Anche per questo motivo gli anziani non possono e non devono essere un problema, ma una risorsa. Genova è abitata per lo più da anziani, il che ci fa capire che qui si vive bene e più a lungo e ci proietta verso un obiettivo: creare una città attrattiva anche per gli over 65 di altre province, regioni e magari anche di altri paesi; una città che offra servizi e che fornisca ai suoi anziani gli strumenti per sentirsi attivi».

 

«Va dato merito al sindaco Marco Bucci- ha detto Matteo Lo Presti, organizzatore dell’evento- di aver istituito una delega specifica sul problema della solitudine che ha, anche per la città di Genova, un pesante impatto socio-economico. L'intento del convegno è stato quello di dare apertura ad una serie di iniziative, soprattutto decentrate, per coinvolgere i municipi in azioni di solidarietà, non diverse da quelle che si inventerebbero per i giovani».

 

A discutere di “solitudine” la sociologa Carla Costanzi, autrice di un volume che le ha procurato grande successo in Europa, intitolato "La vecchiaia tra venerazione e discredito: Storia ed Arte nel mondo occidentale": «Ultimi studi dimostrano che in Italia 1 milione e 600mila anziani ultra settantenni non si sentono al sicuro nelle loro città. Dopo i 74 anni inizia per tutti il così detto processo di “fragilizzazione” che porta l’anziano ad un più alto rischio di mortalità. La percezione di solitudine accelera a causa di pensionamenti non accettati, lontananza dai figli, vedovanza e malattie; le conseguenze sono la totale mancanza di progetti per il domani e un altissimo rischio suicidio. Le statistiche evidenziano che a parità di numeri di suicidi verificatisi tra adolescenti e anziani, la differenza abissale sta nelle metodologie: il giovane tenta il suicidio con modalità che permettano di essere salvati; l’anziano no: vuole farla finita. Questo impone alle città del futuro una riflessione sulla necessità di ricorrere a servizi di un certo tipo, creare ristori e luoghi in cui gli anziani possano sentirsi utili e non essere emarginati».

 

Si è discusso anche di “città a misura di anziano”, come quelle del nord Europa, dove, ad esempio, il tempo della durata dei semafori per gli attraversamenti pedonali è calcolato facendo attraversare le strisce ai settantenni. E si è parlato delle principali caratteristiche che un territorio dovrebbe possedere per poter essere definito “age-friendly”: tra queste, ad esempio, un agevolato accesso ai trasporti pubblici, la presenza di panchine su cui sedersi negli spazi aperti, la possibilità di poter partecipare sempre più attivamente alla vita sociale delle città, la chiarezza e la semplicità della comunicazione e della informazione.

 

Al convegno è intervenuto anche Mauro Nasciuti ex presidente Cus Genova che ha ricordato i tempi in cui l’Università della terza età di Genova, in maniera lungimirante, aprì a corsi dedicati al benessere psico-fisico degli anziani, coinvolgendo il Centro universitario sportivo, che all’epoca portò l’esperienza della Cina: «A Pechino nel 2001- racconta Nasciuti- ricordo che rimasi impressionato dal gran numero di anziani che tra i palazzi della metropoli, tutte le mattine, in aree dedicate, praticavano Tai- Chi; scoprimmo come questa particolare ginnastica riuscisse a prevenire e ridurre il rischio di cadute nei soggetti anziani fino al 50% nel corso di un anno di osservazione e decidemmo di fare corsi di Tai-Chi anche noi con l’Università della terza età».

 

Infine, la lectio di Adriano Parodi, psichiatra già primario all'ospedale Villa Scassi di Sampierdarena e all'ospedale psichiatrico di Quarto, seguace degli insegnamenti di Franco Basaglia (innovatore nel campo della salute mentale e riformatore della disciplina psichiatrica in Italia), che ha discusso sulle modalità specifiche dell’organizzazione sociale e della cultura dominante in epoca moderna: «Un tempo la società cambiava e si evolveva, ma gli anziani riuscivano a rimanere al passo; continuavano ad essere soggetti ascoltati e utili; rappresentavano la parte saggia della società e venivano ascoltati. Oggi non ci riescono più: nonostante le nostre città siano sempre più popolate da anziani, siamo diventati una società che in un certo senso li respinge, non li integra e non li valorizza; al massimo li protegge, o cerca di farlo, classificandoli però tra gli “invalidi” e quindi vedendoli unicamente come un problema, e non come una risorsa».

Ultimo aggiornamento: 01/12/2022