La mostra, dell’artista nipponico Nobushige Akiyama, sarà inaugurata sabato 11 maggio ed è a cura della critica d’arte Stefania Severi
Si intitolo “Kozo, carta giapponese d’artista” ed è la mostra dello scultore nipponico Nobushige Akiyama che si inaugurerà sabato 11 maggio al Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone, dove resterà aperta fino al 22 settembre.
La mostra, curata dalla critica Stefania Severi, offrirà al pubblico una serie di opere che si inseriscono armonicamente nel Museo, sia per la leggerezza del materiale sia per l’uso di colorazioni naturali. Si va dalle sculture tridimensionali ai pannelli bidimensionali, caratterizzati da tracce di elementi naturali che li differenziano e li caratterizzano, alle installazioni site specific pensate proprio per la particolare architettura del museo. Quello utilizzato da Akiyama è un linguaggio criptico, sempre sussurrato, che invita alla meditazione e promuove l’equilibrio dei sensi, in una visione di recuperato rapporto con gli elementi naturali.
La mostra si pone quindi come un’occasione di approfondimento dell’arte artigianale della lavorazione della carta, frutto di conoscenze specifiche e profonde.
Akiyama costruisce da solo la sua materia prima, infatti la sua carta giapponese (washi), è in particolare della tipologia Kozo, cioè una carta ricavata dalla fibra del gelso da carta (Broussonetia papyrifera) dopo lunga e laboriosa lavorazione.
«Ancora una volta – spiega la consigliera delegata in materia di rapporti dell'esecutivo con organi interni ed esterni ed enti nazionali ed internazionali con particolare riguardo ai rapporti con sponsor, fondazioni bancarie e all'organizzazione del Premio Paganini – il Museo d’Arte Orientale ci offre l’opportunità di ammirare una mostra unica nel suo genere, di un artista eccezionale e che ha fatto della carta il suo canale espressivo. Una mostra suggestiva, che invito a visitare per scoprire nuove forme d’arte e per riscoprire il Chiossone, un museo che è tra le eccellenze del nostro patrimonio artistico e culturale».
«La modernizzazione e le riforme durante l'era Meiji in Giappone videro i contributi personali di figure come Edoardo Chiossone e Vincenzo Ragusa, italiani che contribuirono a insegnare e a formare nuovi artisti giapponesi con uno scambio di contaminazione reciproca – racconta Nobushige Akiyama - . Il loro interesse per l’arte nipponica è testimoniato dalla grandissima collezione raccolta da Chiossone durante i suoi lunghi anni trascorsi in Giappone. Le esposizioni in musei d'arte con profonde connessioni con il Giappone mi evocano sentimenti particolari. Il mio lavoro si basa partendo dalla produzione della carta washi, realizzata con le mie stesse mani, che poi utilizzo per creare le mie opere. Trovo affascinante lavorare con tecniche uniche della produzione di carta prima che diventi carta vera e propria. Creare grandi fogli di carta e installazioni in luoghi aperti mi dà la sensazione di essere avvolto nell'ampiezza, mentre lavorare su opere in materiali misti come la serie della carta washi sigillata in resina trasparente mi permette di condensare pensieri ed emozioni. Con questa mostra ho il piacere di presentarvi questo straordinario materiale e le sue tecniche tradizionali di produzione, miste con un pizzico della mia fantasia e divertimento».
«Akiyama – spiega Stefania Severi, curatrice della mostra - non solo realizza la carta per le sue creazioni artistiche ma l’ha studiata in modo approfondito, tanto da poter scrivere un libro in italiano per spiegare le tecniche giapponesi della carta fatta a mano, la washi. Pratico della tecnica dell’origami sa creare con carta industriale e l’atteggiamento del riciclo gli è assolutamente congeniale. Ed è interessante sottolineare che la cura ed il rispetto che egli ha per la carta si rivolge sia al grande pannello prezioso sia al foglio di giornale di vecchia data. Ovunque egli ha creato una relazione con l’ambiente, mai soverchiante ma sempre funzionale a che il visitatore fosse indotto a “respirare” un’atmosfera intensa e al contempo rilassante: nessun rumore, nessun colore sfacciato o stridente, una luce soffusa e quasi magica, un luogo per riflettere, meditare ed osservare con “lentezza” le opere. Oltre ad una installazione site specific, ideata proprio per “legare” tra di loro le varie sezioni del museo e, concettualmente, riproporre il legame Italia-Giappone, Akiyama presenta un gruppo di opere realizzate negli ultimi anni».
«Per il nostro museo, che vanta la più importante collezione d'arte giapponese d'Italia, è un piacere e un onore ospitare la mostra dell'artista giapponese Nobushige Akiyama e proporre così al nostro pubblico la possibilità di conoscere le straordinarie qualità della carta tradizionale giapponese (washi) e il modo unico e speciale in cui l'artista sfrutta questo materiale per esprimersi nelle sue opere – conclude Aurora Canepari, conservatore responsable del Museo Chiossone - . La produzione della carta è parte imprescindibile della creazione artistica di Akiyama, un processo di alta artigianalità che in Giappone è tutelato e promosso, come dimostra la nomina di Akiyama di Ambasciatore della carta di Mino, città rinomata in tutta la nazione per la sua preziosa produzione cartiera. L'allestimento proposto da Akiyama per il Museo Chiossone trasmette un attento studio dell'ambiente e della straordinaria architettura del nostro edificio, progettato negli anni '60 da Mario Labò. In particolare, l'installazione site specific realizzata appositamente per questa mostra, offre un nuovo modo di leggere lo spazio, attraverso l'uso del candore e della leggerezza della carta, che gioca con la luce, facendola filtrare o schermandola, donando così a tutto lo spazio museale una nuova atmosfera».
La mostra
Una serie di pannelli si presenta come un “esercizio di stile”, infatti la base, costituita dalla carta Kozo, viene, di volta in volta, arricchita da tracce, lasciate da aghi di pino, frammenti di foglia d’oro, interventi di varia natura. Il colore base è quello giallino chiaro-beige della carta appena prodotta, senza l’intervento di sbiancanti, ma talvolta l’artista aggiunge sostanze vegetali per dare lievi colorazioni fino all’uso dell’inchiostro di china per il nero. Proprio osservando il pannello "Suono di pioggia” ci si accorge che i piccolissimi interventi che caratterizzano la superficie sono stati prodotti da gocce d’acqua. Viene subito alla mente il giardino secco, karesansui, il giardino senza acqua, elemento che invece è fondamentale negli altri tipi di giardino, tanto che la sua presenza è suggerita da distese di ghiaia bianca modellata per imitare le onde. E qui ad essere “imitate” sono le gocce. Una serie di opere ha il titolo "Soul", anima, e per rendere questo concetto astratto Akiyama ricorre a forme globulari irregolari, quasi imprigionate nella cornice, come l’anima che vorrebbe comunque dilatarsi ma è frenata dal corpo. Un’altra serie è rappresentata dagli "Hikari", dal nome dell’ideogramma giapponese che indica luce. In queste colonne di luce, dal bianco all’azzurro al rosso, sono inseriti frammenti di carta che diventano entità fantastiche fluttuanti che attirano lo sguardo dell’osservatore intrigandolo ed orientandolo verso interpretazioni oniriche.
Nobushige Akiyama è nato a Yokohama nel 1961, vive e lavora a Roma. Laureatosi all’Università d’Arte e Design di Tokyo nel 1985, si iscrive al corso di scultura dell’Accademia delle Belle Arti di Roma. Nel 2000 insegna scultura all’Università AICHI di Nagoya e nel 2003 restauro della carta presso l’Istituto Centrale per il Restauro a Roma. Ha tenuto personali in Italia a Carrara, San Benedetto del Tronto, Brescia, Toscolano Maderno (Museo Cartiera), Trieste (Museo d’Arte Orientale), Busto Arsizio (Museo Civico) e Roma
(2014, “Il Peso della Leggerezza” Museo Nazionale D’Arte Orientale “Giuseppe Tucci”) ed in Giappone a Tokyo, Fuij e Mino, città che lo ha nominato ambasciatore della carta.
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