Una pietra d’inciampo in via Mameli 1 per ricordare Bruno De Benedetti, deportato ad Auschwitz e morto in campo di concentramento

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24/10/2022
Pietra inciampo via Mameli

L’ultima lettera alla moglie Armanda: “Aspettami sempre. Ritornerò”. Il sindaco Bucci: “Lo dobbiamo a tutte le persone morte in quegli anni terribili e ai nostri figli e nipoti, per costruire un futuro basato su libertà e uguaglianza”

Manuela D'Angelo

Questa mattina davanti al civico 1 di via Mameli è stata posizionata la pietra di inciampo in ricordo del concittadino Bruno De Benedetti, pediatra, ebreo, deportato ad Auschwitz e morto a Kaufering, il 31 dicembre del 1944, dopo otto mesi di prigionia nel campo di concentramento di Fossoli.

 

La cerimonia, a cui hanno partecipato numerosi studenti delle scuole cittadine, si è svolta con il patrocinio del Comune di Genova, alla presenza del sindaco Marco Bucci, della Comunità Ebraica di Genova, di ANED e in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale e con ANPI.

 

“Oggi posiamo una nuova pietra d’inciampo per ricordare la memoria di Bruno De Benedetti- ha detto il sindaco Marco Bucci- È solo grazie alle sue testimonianze attraverso le lettere scritte alla moglie che abbiamo avuto modo di ricostruire e rendere eterna la sua storia. Genova si unisce nel ricordo e nella riflessione, un omaggio a Bruno che deve arrivare a tutta la città, soprattutto ai giovani e alle scuole. Lo dobbiamo a tutte le persone morte in quegli anni terribili e lo dobbiamo ai nostri figli e nipoti, per educarli al rispetto del prossimo per costruire un futuro basato su libertà e uguaglianza, princìpi su cui si fonda il nostro Paese”.

 

La pietra di inciampo davanti alla casa di Bruno De Benedetti, nel centro città, è l’undicesima inaugurata a Genova, per conservare la memoria dei cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti. La piccola mattonella, ricoperta da una piastra di ottone, è stata posizionata a seguito di una toccante cerimonia, durante la quale è stata letta l’ultima lettera che Bruno De Benedetti scrisse alla moglie Armanda dal campo di concentramento: “Mi sento solo, slegato da tutto, non ne posso più, ma c’è il tuo pensiero che mi sostiene; aspettami sempre. Ritornerò”.

 

“Ha mantenuto la sua promessa, e oggi è tornato a casa - ha detto il nipote Filippo Biolè parlando ai tanti giovani presenti- Non dimenticate, fatevi raccontare, tramandate ai vostri figli ciò che vi è stato consegnato. E diffondete un messaggio: i diritti o sono di tutti, o non sono di nessuno”.

Ultimo aggiornamento: 25/10/2022