Urbanistica, Paesaggio e Geologia PRG 1997

Contenuto

PIANO REGOLATORE GENERALE DELLA CITTA' DI GENOVA DEL 1997

Cronologia:

  • Deliberazione del Consiglio Comunale n. 32 del 24 febbraio 1992 di accertamento dell’inadeguatezza del P.R.G. ’76.
  • Deliberazione del Consiglio Comunale n. 264 del 14 dicembre 1995, adozione della cosiddetta “variante di salvaguardia”, variante parziale al PRG 1980, per la limitazione quantitativa delle previsioni in zona di espansione residenziale.
  • Deliberazione del Consiglio Comunale n. 74 del 16 luglio 1997, adozione del nuovo PRG della Città di Genova.

Dalla metà degli anni ‘80 lo scenario legislativo urbanistico di riferimento cambia radicalmente, per quanto attiene alla scala sovracomunale l’emanazione della cosiddetta “Legge Galasso” 431/1985, che articola il concetto di tutela ambientale, amplia la tutela a tutte le qualità dell’ambiente naturale e norma nel dettaglio il Piano paesistico rendendone obbligatoria l’elaborazione a cura delle regioni; la legge 142/1990, sull’ordinamento degli enti locali, introduce il principio di sussidiarietà attribuendo nel contempo alle Province la redazione dei Piani Territoriali di Coordinamento.
Nel 1992 con la Legge del 17 febbraio, n. 179, al fine di riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale, viene introdotta la formazione di programmi integrati di intervento e con la Legge n. 493 del 1993 viene proposto il tema della riqualificazione integrata dell’edilizia residenziale pubblica, attraverso i Programmi di recupero urbano (PRU).
Tra la fine del 1994 e il 1998 il Ministero dei lavori pubblici ha promosso i Programmi di riqualificazione urbana (PRIU) per la programmazione di interventi nell’ambito delle grandi aree urbane.

Con i PRIU si individua, più che un nuovo strumento, una ulteriore articolazione della famiglia dei programmi integrati definiti dalla L. n. 179/92. Con il D.M. 21 dicembre 1994 si estendono, semplificandoli, i meccanismi già previsti per i programmi di riqualificazione urbana a tutte le aree di trasformazione.
Con la successiva “guida ai programmi di riqualificazione urbana” si individua un percorso comportamentale per le amministrazioni locali in merito alle procedure di programmazione ed approvazione, nonché i criteri di valutazione economica degli interventi, con riferimento, soprattutto, al bilancio pubblico-privato delle rispettive convenienze che, dal punto di vista metodologico, riveste un indubbio interesse nella elaborazione delle scelte urbanistiche definite “innovative”.
Tutti strumenti complessi che accostano le politiche urbanistiche a quelle sociali, fiscali e ambientali, decretando la spaccatura con la precedente pianificazione urbanistica.
E’ in questo innovato scenario normativo che si sviluppa il Piano Regolatore di Genova del 1997 “che segna il passaggio dalla cultura dell’espansione urbana alla cultura della trasformazione”, con l’obiettivo dichiarato del  contenimento dell’espansione, connesso al tema del recupero, sia del centro storico (identificazione di categorie di intervento per ciascuna unità edilizia) che di edifici comunque significativi e delle aree dismesse, che si trovano in posizione strategica per la città perché ormai circondate dall’edificazione e già dotate delle opere di urbanizzazione.

Il Consiglio Comunale di Genova, con deliberazione n. 264 del 14 dicembre 1995, recante la cosiddetta “variante di salvaguardia”, ha adottato la variante parziale al PRG 1980, per la limitazione quantitativa delle previsioni in zona di espansione residenziale, mediante la quale, tra l’altro, ha mutato la disciplina urbanistica di vaste aree oggetto di lottizzazione, al fine di salvaguardarne le caratteristiche ambientali.
Tale scelta di escludere l’edificabilità di queste aree è stata poi confermata dalla variante generale al PRG 1980, adottata nel luglio 1997. Con l’adozione della cosiddetta variante di salvaguardia il Comune ha quindi dato avvio, sotto il profilo operativo, ad una diversa politica territoriale, preannunciata con la deliberazione del Consiglio Comunale n. 32 del 24 febbraio 1992 di accertamento dell’inadeguatezza del P.R.G. ‘76, con la quale si prospettava una fase pianificatoria pienamente rivolta al recupero, alla riqualificazione urbanistica ed alla riconversione delle aree già urbanizzate.

Nel luglio 1997, l’amministrazione ha adottato il nuovo Piano Regolatore Generale della città di Genova; dopo pochi mesi, nel settembre 1997 è stata approvata la nuova legge urbanistica regionale che istituisce il PUC (Piano Urbanistico Comunale).
La nuova amministrazione, rinnovata nel dicembre dello stesso anno, adegua il PRG ai contenuti del PUC. La definitiva approvazione regionale è del marzo 2000.
II “Piano della città” di Genova, presentato nel gennaio 2002, si configura come l’esito di un percorso iniziato nel novembre 1998 con l’elaborazione dei primi documenti preparatori e l’organizzazione di workshop, di convegni e di una serie di audizioni pubbliche.
Il Piano ha l’obiettivo di governare il processo di trasformazione della città mettendo a sistema i diversi strumenti e piani di settore. Esso ingloba inoltre il Piano Operativo del Centro Storico, presentato al Consiglio comunale nella primavera 2001.

Il PRG del 1997 adotta linguaggi differenziati in ragione delle differenti caratteristiche degli ambiti territoriali, in primo luogo in relazione al grado di trasformabilità, che viene attribuito agli stessi. Per le parti consolidate, per le quali si ipotizza una probabilità di trasformazione indicativamente ridotta, l’approccio pianificatorio è tendenzialmente tradizionale, costituito dalla zonizzazione prevista dal D.M. 2.4.1968 n. 1444, seppure con l’introduzione di più ampi elementi di articolazione.
In sintesi, alla classificazione per zone omogenee corrisponde una normativa finalizzata alla gestione corrente dei processi di riqualificazione minuti e diffusi del territorio, nel loro complesso considerati scarsamente modificativi dell’assetto urbano complessivo.
Assai differente è l’impostazione metodologica utilizzata per le porzioni di territorio suscettibili di intensa trasformazione, cui viene annessa una valenza strategica, di rilevanza urbana o locale. In questo caso il Piano ha adottato una impostazione tecnica maggiormente flessibile che, individuati gli obiettivi portanti e le connotazioni essenziali della trasformazione prescelta, attribuisce al progetto attuativo la calibratura dei fattori collaterali, la verifica delle compatibilità, la determinazione dei margini di correzione, l’impostazione compositiva e la messa a punto operativa.
Per queste porzioni di territorio definite “zone di trasformazione”, individuate in numero pari a 111, il Piano ha assunto una impostazione mediata dal Piano Territoriale di Coordinamento per gli insediamenti produttivi nell’Area Centrale Ligure (D.C.R. n. 95 del 31/7/92), introducendo modifiche e correttivi rispetto a questo.

Per il sistema delle aree destinate a servizi pubblici e di uso pubblico, il Piano ha utilizzato una terza formula, dettata dalla esigenza di introdurre maggiori margini di flessibilità rispetto al P.R.G. ‘76, con l’inserimento di tutte le categorie di servizi nell’ambito della zona F (spazi per le attrezzature pubbliche di interesse generale), riconoscendo, di fatto, la possibilità di coesistenza fra differenti tipologie di servizi e una elevata compatibilità fra gli stessi.

Una impostazione particolare è stata infine utilizzata per il Centro Storico, con la finalità dichiarata di coniugare due obiettivi fondamentali, la tutela dei valori storici ed architettonici e la effettiva operatività degli interventi di recupero. Anche in questo caso il metodo individuato attribuisce la massima importanza alla fase della progettazione, partendo però dalla sistematizzazione dei dati conoscitivi disponibili, al fine di garantire il controllo qualitativo degli interventi.
  Il Piano ha sviluppato un’analisi ricognitiva della totalità degli edifici, al fine di poter determinare la tipologia degli interventi ammissibili in ragione delle caratteristiche delle singole unità immobiliari.

Un impianto maggiormente flessibile rispetto a quello del P.R.G. ‘76 è stato attribuito anche alle previsioni di carattere infrastrutturale, pensando che la progettazione di dettaglio potesse introdurre correttivi e migliorie ai tracciati schematici proposti dal Piano stesso e prospettando un progetto di riorganizzazione della rete viaria radicalmente differente e totalmente alternativo rispetto a quello del P.R.G. ‘76, sostituendo una logica di tipo autostradale con una scelta di riqualificazione complessiva. L’elemento determinante che ha indotto ad una simile inversione di tendenza è stato il radicale mutamento dello scenario di riferimento, delineato dal P.T.C. I.P. A.C.L. con l’opzione della riconversione del ponente.
Per quanto concerne l’assetto autostradale il Piano prevede essenzialmente il potenziamento dell’autostrada A10 (duplicamento della corsia nord e dismissione a fini urbani della corsia sud), il ribaltamento del casello di Genova-Pegli, il raddoppio del ponte Morandi, la rifunzionalizzazione dell’autostrada A7 - Genova / Milano (raddoppio del ramo “nuovo” e dismissione a fini urbani della “vecchia” corsia), la previsione di un nuovo casello collocato fra la Barriera Genova Ovest e il casello di Genova Bolzaneto, posto alla confluenza tra l’autostrada A12 e la A7. In particolare, la rete infrastrutturale delineata, prevede una radicale riorganizzazione del nodo viario di San Benigno che, secondo quanto tratteggiato, costituisce il principale elemento di raccordo fra il porto e la rete autostradale e che quindi rappresenta per il Piano una invariante del sistema prospettato.

Le analisi demografiche e socio-economiche sviluppate attentamente nel volume allegato al Piano “Genova in numeri”, curato dal Servizio Statistica del Comune, mettono in evidenza una situazione di radicale trasformazione della città che invecchia, si contrae, si deindustrializza e si terziarizza, distaccandosi in maniera piuttosto traumatica dal modello di città industriale che ne ha caratterizzato la storia per oltre un secolo.
Da quanto riportato emerge che il calo demografico è risultato progressivamente accentuato, tanto che, rispetto al 1971 (censimento di riferimento per il P.R.G. del 1976), viene registrato un costante decremento della popolazione genovese, con un saldo negativo di 138.101 residenti nel periodo 1971/1991.

L’analisi puntuale degli indicatori demografici più significativi non consente peraltro di intravvedere, secondo il pianificatore, segnali di inversione di tendenza, soprattutto per il persistere di una bassissima natalità e di un elevato indice di vecchiaia. Lo scenario demografico che si delinea quale riferimento per il nuovo P.R.G. e per la sua portata decennale, non può quindi essere una prospettiva di crescita dimensionale della città, dovendosi considerare più realistico un assestamento prossimo ai 600.000 abitanti.

Ultimo aggiornamento: 19/01/2022