Cultura, 'L’Ottocento dei Quinzio tra realismo e colore'

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25/09/2025
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Acquarelli, bozzetti, dipinti, sculture in mostra a Palazzo Rosso, alla GAM e all’Accademia Ligustica

Silvia Stefani

Nell’anno dedicato all'Ottocento, i Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso, la Galleria d’Arte Moderna e l’Accademia Ligustica di Belle Arti presentano una mostra in tre sedi dedicata a una grande famiglia di artisti genovesi, i Quinzio, pittori, disegnatori, scultori e frescanti attivi per la committenza cittadina tra secondo ‘800 e primo ‘900.

 

«Con questa mostra si apre la stagione espositiva autunnale dell’anno dedicato all’Ottocento e si comincia a svelare un patrimonio di grande qualità, ancora in parte sconosciuto – spiega l’assessore alla Cultura, Giacomo Montanari – Le opere di questi importanti protagonisti del rinnovamento della città borghese sono in larga parte inedite e in molti casi restaurate per l’occasione. Oltre alle tre sedi espositive, sono coinvolti in questa operazione di valorizzazione della città ottocentesca due palazzi dei Rolli, che si rinnovano proprio attraverso i pennelli dei Quinzio, palazzo Lercari Parodi e palazzo Spinola Gambaro, che saranno aperti in occasione dei Rolli Days di ottobre. Ma gli itinerari suggeriti dalle mostre sono molti di più e coinvolgono non solo Genova ma anche il suo entroterra e le due riviere. Una proposta di scoperta che parte dalla ricerca scientifica e diventa alta divulgazione, e che in questo senso centra perfettamente i nostri obiettivi: fare della cultura e della conoscenza uno strumento efficace di accessibilità, di reale valorizzazione e di capillare promozione del nostro patrimonio».

 

La rassegna - che dal 25 settembre al 14 dicembre resterà esposta a Palazzo Rosso (a cura di Martina Panizzutt e Margherita Priarone) e alla GAM (a cura di Elena Putti), e dal 2 ottobre al 14 dicembre sarà visitabile all’Accademia Ligustica di Belle Arti (a cura di Giulio Sommariva) è incentrata sulle figure di Giovanni Quinzio e suoi figli Antonio Orazio e Tullio Salvatore.

 

La famiglia, in sintonia con le istanze dell’eclettismo capillarmente diffuse in età post-unitaria, ha rinnovato la tradizione accademica ancora rivolta a moduli tardo neoclassici innestandovi nuovi spunti, afferenti all’esotismo e alla sperimentazione verista e naturalista sul colore e sulla luce, rappresentando a Genova un’alternativa, assai congeniale al gusto della committenza locale, ai modi pur apprezzatissimi di Nicolò Barabino e Santo Bertelli.

 

Il loro successo è testimoniato dal ruolo di primo piano che ebbero in alcuni dei più importanti cantieri della città rinnovata - dagli affreschi nei palazzi Lercari Parodi e Spinola Gambaro in Strada Nuova a quelli della nuova grande chiesa dell’Immacolata - ma anche dalle importanti commissioni ricevute per dipinti e sculture, di taglio storico e celebrativo, destinate a sedi prestigiose, come il palazzo genovese della Banca d’Italia o il grande cantiere del Vittoriano a Roma.

 

A tutto questo affiancarono l’attività più intima di ritrattisti, con opere di intenso realismo e grande penetrazione psicologica, capaci di influenzare, nella fusione di verismo ottocentesco e naturalismo di impressionistica libertà, le generazioni successive di ritrattisti liguri. Dipinti, bozzetti e sculture – celebre il ritratto in bronzo del principe Odone di Savoia – oltre a una grande quantità di bellissimi acquarelli dalle cromie ricercate e preziose, spesso in relazione alla progettazione per l’affresco, raccontano nelle tre sedi della mostra i tanti volti del successo di questa “ditta” familiare, permettendoci in più, in maniera inedita, di entrare idealmente nel “dietro le quinte” di una bottega artistica del tempo e spiare l’elaborazione dei processi creativi fin dai primi colorati schizzi sulla carta.

 

L’esposizione, realizzata con la collaborazione scientifica della Soprintendenza e dell’Università di Genova, suggerisce inoltre itinerari a Genova e in Riviera alla scoperta dei grandi cicli ad affresco di questi maestri: si citano ancora la chiesa della Consolazione nel centro di Genova e le parrocchiali dei SS. Nicolò ed Erasmo a Voltri, di San Martino a Pegli, San Michele di Pagana, San Bartolomeo della Ginestra a Riva Trigoso e San Giorgio a Moneglia.

 

I Quinzio furono forse gli ultimi pittori della scuola genovese a dare continuità ai modi della grande tradizione tardobarocca dell’affresco, con decorazioni di grandi superfici caratterizzate da accentuati contrasti cromatici e vivacità di composizione, anche sull’onda del revival di Tiepolo allora in auge.

 

Per i loro meriti all’interno dell’Accademia Ligustica di Belle Arti e in quanto riconosciuti protagonisti della coeva scena artistica locale, Giovanni, Antonio Orazio e Tullio vennero selezionati per ricoprire ruoli di rilievo all’interno delle nuove istituzioni nate in seno alle donazione della Duchessa di Galliera: mentre Giovanni e Antonio Orazio vennero nominati, uno dopo l’altro, direttori delle Gallerie di Palazzo Rosso e Palazzo Bianco (1894-1918; 1918-1928), Tullio Salvatore fondò nel 1911 la Società Brignole-Sale, con l’intento di sorvegliare sul corretto utilizzo del lascito della Duchessa.

 

Il primo impegno di Giovanni Quinzio come direttore delle Gallerie fu la redazione del monumentale inventario dei beni ivi conservati: la prima ricognizione organica del patrimonio museale, oggi preziosa testimonianza della fase originaria dell’istituzione civica.

Ultimo aggiornamento: 25/09/2025