La famiglia affidataria è il nucleo affettivo che permette la realizzazione del progetto di affidamento familiare a favore di un minore e della sua famiglia:
- è la risorsa prevista dalla legge per dare la risposta più adeguata ai bisogni dei minori: "Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola" (art. 2, legge 149/01);
- è una risorsa attiva, costruisce insieme a tutti gli interessati il progetto, lo interiorizza e lo elabora, lo traduce in atteggiamenti concreti, analizzando i bisogni dell’affidato, interpretandoli per dare risposte adeguate;
- è una risorsa volontaria, che va stimolata, formata, sostenuta nella sua identità; è una risorsa complessa, in quanto rappresenta un insieme di relazioni complesse e dinamiche.
La famiglia affidataria non deve diventare, tuttavia, uno “specialista” in grado di avere la risposta giusta ed il comportamento adeguato per ogni bambino e in ogni situazione.
Occorre sfatare il luogo comune che la famiglia affidataria sia una famiglia "super", capace di oblatività, di altruismo, di gratuità, di attitudini particolari.
Il noto neuropsichiatra infantile Winnicot scriveva che un bambino per crescere in modo sano e armonico ha bisogno di una madre sufficientemente buona. Potremmo affermare, parafrasando quanto detto, che i bambini hanno bisogno di essere accolti in famiglie sufficientemente buone.
Allora quali possono essere gli elementi che caratterizzano una famiglia sufficientemente buona?
Una famiglia che sa riconoscere i propri limiti, che non vuole salvare nessuno e non cerca un figlio per sé, che pensa di poter aiutare perché si lascia aiutare, che permette di mostrarsi come si è e sentirsi come tali amati, che sente di aver bisogno di aprirsi all’altro per crescere, sente il bisogno di dare perché sente il bisogno di ricevere, di crescere; anche una famiglia dove si discute ma si ascolta e si cerca di affrontare insieme i problemi nella consapevolezza che non sempre si è in grado di risolverli, che a volte ce la fa a volte no.
Per scegliere di diventare affidatari occorre spiccare un salto. Un po' di coraggio, di rischio sono elementi necessari; la scelta dell'affido non si fa solo con la ragione, occorre mettere il cuore. Non si può pensare che attraverso i corsi di formazione si raggiunga la certezza o la consapevolezza di essere pronti o preparati, che si sapranno affrontare ogni difficoltà, che si sarà attrezzati per ogni evenienza.
Anche se si mette il cuore, tuttavia, la scelta deve essere consapevole.
La prima risorsa della famiglia affidataria è costituita dal suo essere famiglia in senso pieno, vale a dire:
- dall'accoglienza come capacità di riconoscere, apprezzare ed abbracciare la differenza, maturata nell'esperienza di reciprocità tra genitori e figli;
- dall’unità familiare come luogo stabile in cui i bisogni del bambino possano essere accolti e soddisfatti in modo permanente nel tempo.
- dalla fecondità come capacità generativa e rigenerativa, che si esprime anche nella disponibilità all'accoglienza.
La capacità educativa costituisce la risorsa indispensabile per l'attuazione dell'affido, non deve essere mai data per scontata. Esistono, infatti, famiglie capaci di dare affetto, ma non per questo capaci di avere responsabilità educativa, assumendo la funzione di guida nell'introdurre il bambino nella realtà e nel trasmettergli la propria esperienza più attraverso gesti che non attraverso parole.
Non è sufficiente che chi dà la propria disponibilità all'affidamento senta di poter amare un bambino, per essere poi in grado di offrirgli ciò di cui ha bisogno per una buona crescita. Il sentimento, il desiderio di donare, di occuparsi di qualcuno è solo il punto di partenza: importante, ma non sufficiente. Bisogna sapere che l'amore sarà messo continuamente alla prova e potrà mettere in discussione quelli che gli affidatari considerano punti fermi di riferimento, precisi e sicuri.
Ci si trova, infatti, di fronte ad un bambino con la sua storia, i suoi vissuti, le sue esperienze, spesso negative.
Gli affidatari devono accettarlo non solo con la testa, ma con il cuore; devono capire che quel bambino "diverso" dai propri figli, nati e cresciuti in casa, proviene da un ambiente familiare che bisogna conoscere e comprendere. Attraverso l'affidamento si viene a contatto con persone che hanno avuto spesso poco dalla vita e che, proprio per questo, sono in grado di dare poco ai loro figli.
Può capitare che il bambino, entrando nella famiglia affidataria, si senta estraneo, si comporti in modo inaspettato: ad esempio, rispondendo poco o per nulla ai gesti affettuosi (abbracci, coccole..) degli affidatari. È importante tenere presente che per lui, quando arriva, il problema non è tanto quello di "avere due famiglie", quanto il timore di non averne più nessuna: ha paura di perdere la sua famiglia d'origine che, anche se inadeguata, rimane in ogni modo la sua, alla quale egli si sente legato, mentre non conosce ancora bene quella affidataria, su cui ancora non sa quanto possa contare.
Incomincia ben presto perciò a mettere alla prova la disponibilità degli affidatari, per misurare il loro reale interesse per lui. Ad esempio, può diventare aggressivo o chiudersi in un ostinato mutismo o raccontare bugie.
La tentazione più forte - soprattutto all'inizio dell'affido - può essere quella di arginare questi atteggiamenti imponendo delle regole, con il rischio che siano troppo rigide.
Certo le regole sono indispensabili per la vita familiare, ma è anche determinante una grande flessibilità. Non si devono pretendere cambiamenti immediati, rapidi o continui: bisogna saper "entrare in punta di piedi " nella loro vita.
Nelle famiglie affidatarie ci possono essere uno o più figli biologici che hanno un ruolo decisivo sull'esito dell'affidamento. E’ chiaro che devono essere sentiti e preparati e devono condividere la decisione presa. Questo può non bastare; è difficile prevedere con certezza le loro emozioni e reazioni: gelosie reciproche, ostilità iniziale, ecc.
Non si deve dimenticare che il bambino affidato porta con sé una storia che gli ha procurato delle ferite affettive; a volte può essere laborioso per i figli degli affidatari accettare la diversità o addirittura farsene carico. Bisogna dare loro il tempo di assimilare la nuova realtà: è importante che possano esprimere difficoltà, preoccupazioni, che non si sentano "obbligati" a compiacere ai genitori. Solo nella chiarezza si possono trovare soluzioni. È importante che, accanto ai momenti di vita comune, essi abbiano spazi diversificati (ad esempio, attività ricreative e/o sportive differenti) ed individuali.
I figli possono però dare un aiuto spesso inaspettato, e insospettabile, nella riuscita dell'affido: attraverso la loro comunicazione "trasversale" inviano messaggi, rassicurazioni, regole....
Tutto questo non è facile. Sono necessari perciò non solo l'adeguata preparazione e le valutazioni degli affidatari, ma il sostegno da parte dei servizi, anche attraverso incontri di gruppo.
È, infatti, certamente importante avere la possibilità di incontrarsi, insieme con gli operatori, per capire che le difficoltà sono comuni anche ad altri, per aiutarsi a scoprire le energie nascoste in ciascuno, per capire i conflitti che l'affidamento può creare nella famiglia affidataria, nei rapporti degli affidatari con i loro parenti, per impostare o reimpostare quelli con i familiari del bambino, per arrivare gradualmente a gestire positivamente le difficoltà.
L'esperienza di tanti anni a livello nazionale ci permette di dire, sia Servizi Pubblici che Associazioni, che un indicatore positivo della riuscita dell'affidamento familiare sia anche il fatto che la famiglia accogliente non viva questa esperienza solo al proprio interno, quasi come un fatto privato, ma che abbia la possibilità di condividere, di parteciparla con altre famiglie, all'interno, ad esempio, di gruppi d’incontro o d’aiuto, o facendo parte di realtà associative che offrono non soltanto momenti di confronto, ma un sostegno sul piano pratico e motivazionale e permettono di creare reti di supporto all'affidamento.
Riportiamo quelle che sono state individuate come Soddisfazioni e Difficoltà di chi accoglie un bambino o un ragazzo in affidamento ( da “Linee guida 2008 Regione Veneto”)