L’accalappiacani, chiamato “maxin” nel dialetto popolare trae origine dal primo accalappiacani istituzionale di Genova che era un agente del servizio municipale, e pare si sia chiamato Tommasino e quindi nel dialetto genovese “Maxin”, appellativo che restò per identificare quel mestiere. Passeggiava con noncuranza per le strade della città, ma con gli occhi ben aperti, in cerca di cani randagi o abbandonati o privi della già allora prevista museruola, brandendo un’arma micidiale costituita da un lungo bastone che finiva in cima con un cappio fatto da una robusta catenella in ferro.
Nell’antichità i cani erano molto numerosi e la maggior parte di loro dopo un certo periodo veniva abbandonata così che, regolarmente, diversi cani venivano catturati e condotti dentro una carretta ad un deposito a tal fine già predisposto.
Lì venivano trattenuti per circa cinque giorni e se non si presentava nessuno a reclamarli la loro fine era segnata. La capacità storica di trovare soprannomi curiosi e divertenti, sommata al sarcasmo tipico genovese, rese possibile identificare quel mestiere brutale e mal visto dal popolo con un nome che lo rendeva appunto meno odioso: “o maxin”!
PICCOLO GLOSSARIO ITALIANO - GENOVESE
Cane: can
Museruola: moriägio (o muriaggio)
Coda: côa
Tommaso: maxo
Tommasino: maxin
Il primo: o primmo
Scodinzolare: locciâ a coa
Abbaiare: baiâ
Cappio: gassa
Mordere: addentâ
Testo di Claudio Pittaluga
Illustrazione di Gino Andrea Carosini